La prevenzione della corruzione in sanità ai tempi dell’emergenza da Covid19

Agnese Morelli
Presidente AIIS e Responsabile prevenzione della corruzione APSS Trento

Fabio Cembrani
Direttore U.O. Medicina Legale APSS Trento

Nell’ansia e nella preoccupazione generalizzata che stiamo vivendo per la pandemia da Coronavirus, potrà apparire a qualcuno bizzarro o un’idea elitaria parlare di anticorruzione per celebrare la ricorrenza del 6 aprile: la Giornata nazionale contro la corruzione in sanità. Giornata ideata non già con spirito celebrativo ma per testimoniare come, soprattutto nei momenti di crisi e di emergenza, la prevenzione della corruzione, come parte della vita pubblica non deve essere riposta nel cassetto dei nostri ricordi preziosi e lasciata dormiente. Ciò per tutta una serie di ragioni del tutto evidenti agli addetti ai lavori che conoscono la fragilità istituzionale in tutti i momenti di crisi emergenziale nella consapevolezza che la guardia non deve mai essere abbassata. A questa ragione si deve aggiungere, per tutti, la preoccupazione che la diffusione del Covid-19, oltre ad essere una straordinaria calamità sanitaria cui non eravamo assolutamente preparati, è un’emergenza antropologica e dal carattere prioritariamente etico che ridisegnerà la nostra maniera di vivere.
Ma non vogliamo essere pessimisti perché la nostra personale opinione è che la crisi che stiamo vivendo può essere anche una straordinaria opportunità perché in questi giorni di forzata quarantena abbiamo finalmente riconosciuto i macroscopici errori commessi da un’umanità abbagliata dalla rincorsa al profitto, dal dilagante narcisismo e da un egoismo capace di non guardare in volto nessuno.
Alcune cose da questa emergenza le abbiamo però capite.
Abbiamo anzitutto capito quanto vale davvero il nostro Servizio sanitario nazionale, spesso denigrato, diffamato e deriso ed ora diventato improvvisamente eroico anche se i professionisti non vogliono essere chiamati eroi a conferma di quanto sia straordinario il valore del capitale umano che in esso lavora: medici, infermieri, operatori tecnici e assistenziali. E quanto su questo bene pubblico occorrerà investire finita la fase emergenziale che non sarà purtroppo breve ricordando questi dati di fatto sui quali qualche seria analisi la dovremmo pur fare:
(a) dal 2010 c’è stato il suo continuo definanziamento che secondo il Report della Fondazione Gimbe è stato di 37 miliardi di Euro in 10 anni: 25 miliardi nel 2010-2015 con tagli conseguenti a varie manovre finanziarie ed oltre 12 miliardi nel 2015-2019 quando alla sanità sono state destinate meno risorse di quelle programmate per esigenze di finanza pubblica;
(b) l’Italia è, tra i Paesi dell’OCSE, quella che riserva al suo finanziamento una delle percentuali più basse del prodotto interno lordo (l’8,8% rispetto al 16,9% dell’America, al 12,2% della Svizzera ed all’11% di Francia e Germania), ben al di sotto della mediana (15% in meno) (fonte OCSE);
(c) la spesa sanitaria procapite è una tra le più basse di quelle registrate nel Paesi Ocse con 2.545 dollari rispetto ai 3.185 del Regno Unito, ai 4.141 della Francia ed ai 5.056 della Germania (dati OCSE);
(d) che in Italia ci sono stati 25 mila tagli di posti letto ospedalieri con la presenza di poco meno di 5.100 posti di terapia intensiva- (OCSE Ministero della Salute Euronews) quando in Germania essi sono addirittura 28.000 (dati  Deutsche Krankenhausgesellschaft);
(e) che, parallelamente, ci sono state scelte di politica regionale che hanno portato ad una maggior privatizzazione del Sistema sanitario pubblico;
(f) che in Italia scarseggiano i medici specialisti, per le politiche sconsiderate del MIUR, e che essi sono relativamente vecchi (in media 51 anni) per lo scarso ricambio generazionale;
(g) che, in sanità, ci sono insopportabili livelli di disequità regionale nell’accesso ai LEA, come conferma la nostra mobilità sanitaria.
Di questi tristi dati di fatto ci siamo solo oggi -improvvisamente- resi conto e non è servita una rivoluzione a rovesciare la stabilità di un mondo che sembrava essere divenuto potentissimo ed invincibile, è bastata la diffusione di un organismo biologico insignificante (un capside ricoperto da glicoproteine e con un filamento di RNA interno) dalla stupidità e furbizia disarmante. Dall’animale il Covid-19 è passato all’uomo a causa della deforestazione e della variazione dei nostri ecosistemi prodotti dalla nostra incuria ed ha trovato non solo milioni di vittime innocenti ma un sistema che consente scambi velocissimi e che non aveva mai pensato a premunirsi contro questo rischio, che non sarà certo l’ultimo.
Ci siamo così accordi della nostra radicale stupidità e supponenza rendendoci finalmente conto che la sanità è un bene pubblico che non abbiamo mai allevato e difeso, nemmeno quando i tagli venivano prima annunciati e poi effettuati da improvvisati savant che ci richiamavano al rigore e ai dictat della Banca centrale europea con la minaccia del nostro default.
Tagli su tagli (mancanza di risorse ma anche sottrazione di risorse a causa della corruzione come confermano i dati della Corte dei Conti che quantificano in 5 miliardi di euro il costo degli episodi corruttivi in sanità) e nessuno si è mai domandato perché in Italia ci sono poco più di 5 mila posti in terapia intensiva a fronte dei 28 mila della Germania. E che ne serviranno almeno altri 4 mila (dati forniti dall’Istituto Mario Negri) per far fronte all’emergenza provocata dal Covid-19 mandando allo sbaraglio in corsia gli specializzandi ed i medici pensionati perché non sappiamo più come curare gli ammalati. Sì, allo sbaraglio perché i medici non sono stati ancora dotati dei dispositivi minimi di sicurezza, perché gli specializzandi non hanno ricevuto nessun training e perché quasi 5 mila di loro hanno contratto l’infezione per l’irresponsabilità pubblica di chi avrebbe dovuto organizzarsi prima se è vero -come è vero- che la Cina ha segnalato l’epidemia tre mesi fa, alla fine di dicembre. Ma siccome ci era stato detto che sarebbe stata una banalissima influenza, probabilmente per non allarmare i mercati azionari di un Paese già messo in ginocchio dal debito pubblico e dai capricci dello spread, nulla si è fatto tranne quelle stucchevoli conferenze stampa dove anche poco brillanti attori ci hanno raccontato tutto ed il contrario di tutto.
Mi chiedo se, come responsabili della prevenzione della corruzione, abbiamo finalmente capito che siamo stati considerati degli ostinati creduloni tutte le volte che abbiamo insistito per dare alla trasparenza ed alla prevenzione della corruzione il loro reale significato (diventare e far crescere una società migliore) per recuperare e convogliare le risorse sottratte dalla corruzione alle cure dei cittadini. Lo abbiamo fatto con coscienza e non possiamo adesso rimproveraci nulla, anzi dobbiamo rimboccarci ulteriormente le maniche se vogliamo essere protagonisti di quell’auspicato cambio positivo di tendenza. Sappiamo che sarà difficile: conosciamo quanto il popolo umano sia facile a cedere al negazionismo ed all’oblio; conosciamo benissimo la saccenza e l’ipocrisia di chi guarda a noi con il sorriso ironico o malevolo, di chi vuole dirci che siamo un peso, non un’opportunità; ma sappiamo anche il discreto lavoro che abbiamo fatto e che si rivolge a noi con fiducia ed apertura e che dobbiamo usare come schegge di positività e come nostri propulsori,
In questo momento di drammatica crisi, ci dobbiamo credere ancora con maggior forza e rinnovato coraggio, perché quest’epidemia non avrà un picco per poi tornare a zero ma una serie di picchi che sicuramente si protrarranno, nella speranza che la ricerca sappia produrre un vaccino per il bene dell’umanità e non solo per scopi commerciali.
Sappiamo che molte industrie si sono già addentrate in questa impresa perché, nella migliore delle ipotesi, ci vorranno comunque 10-12 mesi perché esso possa essere reso disponibile e fruibile a tutte le popolazioni del mondo, anche a quelle più povere e svantaggiate. Con un grande pericolo perché le aziende, le start-up o i diversi gruppi di ricerca e le case farmaceutiche avranno sicuri interesse commerciali a divulgare molto precocemente i loro risultati per motivi diversi per anticipare la distribuzione del vaccino. Non solo per cercare, legittimamente e in modo trasparente di attirare i necessari finanziamenti per portare avanti la ricerca, che non è mai purtroppo indipendente, ma anche per tentare, in modo molto più opaco ed eticamente irresponsabile, di fare profitti o di influenzare i corsi azionari dei loro titoli quando quotati in borsa. Lo abbiamo già visto fare nel passato e non sempre gli organismi di controllo (la FDA in America, l’EMA in Europa e l’AIFA in Italia) hanno saputo farsi garanti della valutazione scientifica, della supervisione e della sicurezza dei medicinali per uso umano e veterinario nell’UE. L’indipendenza dei ricercatori e la serietà delle catene di controllo hanno nel passato mostrato straordinarie falle con episodi di corruzione e di concussione balzati purtroppo agli onori della cronaca.
Potranno essere in grado i Comitati etici territorialmente competenti di esercitare un ruolo positivo a questo riguardo? Purtroppo ne dubitiamo perché la loro composizione non è assolutamente garantita sul piano dell’indipendenza e perché sono molti gli interessi dell’industria che premono l’acceleratore sulla sperimentazione di farmaci costosi e di massa e sulla non pubblicazione dei report che ne dimostrano l’efficacia e la sicurezza del principio attivo.
Potremmo essere noi, responsabili per la prevenzione della corruzione, a farci parte attiva perché ciò non accada?
Sicuramente sì, almeno in parte ma ad alcune condizioni sulle quali non possiamo abdicare perché la trasparenza e l’anticorruzione non sono né un’araba fenice né un convitato di pietra. Occorre investire e utilizzare strumenti e misure di riduzione del rischio corruzione in tutti i settori della vita pubblica non solo per garantire la trasparenza, il monitoraggio delle misure e dei controlli ma per leggere i dati e far crescere quella sensibilità pubblica che si traduce poi anche nell’impegno etico di segnalare casi di maladministration.
È importante impegnarsi per costruire un mondo migliore da lasciare ai nostri figli ed ai nostri nipoti, di praticare il nostro dovere di cittadinanza e di diffondere quei valori che la nostra società sembra aver smarrito e che molti ancora pretendono. Sta a noi coagularli. Tutto ciò con maturità e senza mai cedere al pessimismo, impegnandoci davvero, con rinnovato slancio e fiducia, a cercare il senso della nostra vita senza disperderla nella confusione e nella rincorsa. Guardando responsabilmente e solidaristicamente all’altro perché la nostra vita è fatta di onestà e di impegno oltre che di relazioni autentiche e di sguardi sempre rivolti alle persone più fragili e vulnerabili che spesso sfuggiamo nonostante il loro grido di dolore non sia assolutamente flebile.
Auguriamoci di essere in grado di assumere e portare avanti con forza questo ruolo. Ne abbiamo la capacità e dobbiamo essere fiduciosi di riuscire a farlo.

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